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Una coinvolgente e completa visita alla Basilica di S. Cecilia in Trastevere: dai sotterranei delle case romane alla struttura attuale, passando dagli affreschi del Cavallini (accesso riservato nei locali privati del convento), al ciborio di Arnolfo di Cambio, alla magnifica statua seicentesca della martire.

La Basilica di S. Cecilia in Trastevere

Un Titulus Caeciliae, luogo di culto dedicato alla santa martirizzata nel III secolo èdocumentato già nel V secolo. Ma è nel IX secolo, con Pasquale I (817-824) che viene edificata la chiesa monumentale. Di questo periodo sopravvive lo straordinario mosaico basilicale, fra i più imponenti e meglio conservati di Roma. Ma la storia della chiesa è lunga e complessa: il nucleo più antico vide l’aggiunta tra XII ed il XIII secolo del portico, del campanile e del convento; a questo intervento appartiene anche il magnifico ciborio di marmo opera di Arnolfo di Cambio, del 1293. Fra il XVII e il XVIII secolo la chiesa vide
altri rifacimenti: ai primi anni del ‘700 appartiene quello più spettacolare e scenografico, che ha dato alla chiesa l’aspetto attuale ad opera di Ferdinando Fuga su commissione del cardinale Francesco Acquaviva d’Aragona.
La basilica ospita sotto l’altare maggiore anche la celebre scultura in marmo pario realizzata da Stefano Maderno, che rappresenta la santa miracolosamente intatta dopo secoli dalla morte, così come fu trovata dal papa nel 1599.

Pietro Cavallini

Del genio di Pietro Cavallini, protagonista dell’arte italiana a cavallo fra il XIII ed il XIV secolo, il rione di Trastevere conserva due episodi straordinari. Il primo si trova nel Monastero di S. Cecilia: l’affresco dipinto sulla controfacciata della chiesa, oggi non più visibile dall’aula delle celebrazioni è accessibile attraverso il coro. L’opera raffigura la Venuta finale di Gesù in questo mondo, secondo i moduli elaborati tradizionalmente in Oriente e in Occidente sul Vangelo di Matteo. Il coro verrà aperto appositamente per noi e offre la possibilità di ammirare i meravigliosi lacerti dell’opera di Cavallini da un punto di vista privilegiato: come se fossimo sui ponteggi con l’artista durante l’esecuzione.